Sappiamo riconoscere le emozioni?
Se cerchiamo la definizione accademica della parola “emozione” sarà facile trovare spiegazioni quali: le emozioni sono stati mentali e fisiologici legati alla psicologia che in una persona cambiano a seconda di stimoli interni ed esterni.
Io lo spiegherei più semplicemente come: tutto ciò che ci circonda ha un effetto su di noi e questo provoca le più disparate reazioni. Le emozioni non sono altro che il nostro modo di reagire davanti alle situazioni in cui è richiesta una risposta immediata.
Provare emozioni non rappresenta un’elaborazione cosciente, non utilizziamo processi cognitivi. È qualcosa di più immediato e per questo spontaneo e non costruito.
L’animo umano vive quotidianamente un’intrecciarsi di esperienze emotive influenzate dalle regole familiari e sociali.
Spesso riconoscere le nostre stesse emozioni può non essere così semplice ed immediato.
Non possiamo definire le emozioni come positive o negative. Il loro valore dipende dall’intensità in cui le stiamo vivendo. La rabbia, ad esempio, viene spesso identificata come un’emozione negativa. In realtà, è totalmente terapeutica e liberatoria se espressa nella maniera e nel contesto opportuno.
Le emozioni primarie e secondarie
Le emozioni si suddividono in primarie e secondarie.
Le emozioni primarie sono quelle innate e presenti in tutte le popolazioni. Sono dette universali, cioè si manifestano in qualsiasi luogo, tempo e cultura attraverso modalità simili. Un’espressione facciale di una ben definita emozione viene universalmente riconosciuta. Mi spiego meglio. Se osserviamo un volto sorridente lo associamo senza ombra di dubbio alla felicità, mentre un volto un po’ corrucciato sarà associato alla tristezza.
Le secondarie derivano dalle primarie, nascono e si sviluppano con la crescita dell’individuo e l’interazione che questo ha con le altre persone. Si incrementano quando cominciamo a provare sentimenti e ad intessere relazioni con oggetti, situazioni e persone. Le secondarie sono sicuramente emozioni più complesse e per essere provate occorrono più elementi esterni con cui interagire.
Sono stati effettuati vari studi da psicologi ed esperti in questo campo che hanno portato a dei risultati molto interessanti. Le emozioni primarie vengono definite universali proprio perché riscontrabili in popolazioni diverse, anche in quelle isolate dal resto del mondo che, quindi, non ne sono state influenzate. Ecco perché si arriva a stilare una lista che divide le emozioni primarie da quelle secondarie.
Le emozioni primarie sono: rabbia, paura, tristezza, felicità, disprezzo, disgusto, sorpresa.
Le emozioni secondarie sono: allegria, invidia, gelosia, vergogna, ansia, rassegnazione, speranza, perdono, offesa, rimorso, nostalgia, delusione.
Il nostro corpo ci parla
Le emozioni assolvono un compito importante che è quello di farci comunicare con il resto del mondo. Si esprimono tramite la mimica facciale e le posture del nostro corpo. Esprimiamo all’esterno, tramite il corpo, quello che sta avvenendo all’interno.
Quando abbiamo un input dall’ambiente, cioè quando succede qualcosa all’esterno, viene stimolata nel nostro organismo una risposta emotiva che coinvolge il sistema respiratorio, il sistema cardiocircolatorio, il sistema endocrino e quello motorio.
Grazie alla collaborazione di questi sistemi le emozioni si esprimono attraverso l’espressione facciale. I muscoli del volto, quindi, agendo insieme in maniera automatica, si configurano in modo da descrivere una certa emozione.
Prendiamo in esame qualche esempio nel dettaglio.
Quando si è tristi, ad esempio, è facile notare come lo sguardo punti perso il basso. Gli angoli della bocca sono piegati in giù o sono tremanti. Quando si è arrabbiate lo sguardo è, al contrario, diretto e fiero con gli occhi che possono apparire sporgenti. Si formano delle rughe verticali tra le sopracciglia e le labbra sono serrate con gli angoli dritti.
Nella tristezza le sopracciglia si uniscono e si alzano, mentre nell’esprimere disprezzo se ne solleva una soltanto. Quando si ha paura la bocca è tesa, mentre quando proviamo disgusto il labbro inferiore si volta verso l’esterno come ad espellere qualcosa.
Se siamo sorprese le sopracciglia si incurvano, si formano rughe orizzontarli sulla fronte, le palpebre sono totalmente aperte e la mascella può abbassarsi. Quando si è felici, la bocca sorride e suoi angoli saranno sollevati, così come le guance.
Il corpo parla non solo attraverso il nostro viso. Parla anche con la voce, la postura, la pressione sanguigna, la frequenza respiratoria, il ritmo cardiaco, la temperatura corporea. Qualsiasi sfumatura di uno di questi elementi rappresenta un’emozione che il corpo vuole comunicare, in maniera genuina, spontanea.
Da una voce tremolante o da un tono alterato siamo in grado di definire lo stato d’animo di una persona.
Un sorriso solare o una fronte corrugata ci danno un reale indizio su cosa un individuo sta provando in un particolare momento della giornata, e ci fa agire di conseguenza. Spesso le emozioni sono contagiose! Provate a pensare a quando una nostra amica ci comunica una bella notizia e noi percepiamo la sua gioia e la condividiamo con lei nonostante non sia un nostro traguardo. Al contrario, se riceviamo una brutta notizia ci rattristiamo insieme a lei.
Qualsiasi emozione può provocare diminuzione o miglioramento nella capacità di concentrarsi, a seconda che ci accada qualcosa di positivo o negativo.
Può provocare anche confusione o smarrimento.
Spesso non riusciamo a camuffare le nostre emozioni per quanto esse si manifestano con forza. La paura, ad esempio, può addirittura bloccare la digestione.
Il protrarsi a lungo di un’emozione, così come la nostra volontà inconscia di reprimerla, possono compromettere il nostro stato di salute.
Il protrarsi della gioia, intesa come uno stato di troppa eccitazione, simile all’euforia, può provocare palpitazioni, agitazione ed insonnia.
Il protrarsi della rabbia, insieme ad emozioni ad essa associate come la frustrazione ed il risentimento, può danneggiare lo stomaco (difficoltà a digerire), portare cefalee e vertigini e problemi di pressione sanguigna.
Il protrarsi dell’ansia influisce negativamente sulla respirazione. È tipico delle persone ansiose il respiro irregolare e poco profondo. Questo si ripercuote anche sull’intestino che, non raggiungendo la giusta ossigenazione, può sfociare nella creazione di ulcere intestinali.
Se si protrae la paura il suo effetto potrà concentrarsi sui reni. Nel caso di una paura fortissima ed incontrollata è comune la possibilità di minzione involontaria.
In caso di spavento, che si differenzia dalla paura perché è qualcosa di inaspettato e improvviso, l’organo che ne risente maggiormente è il cuore, ma anche i reni ne possono risentire.
Quando è il dolore a protrarsi, invece, ne risentono i polmoni. A volte questo si manifesta con un singhiozzo continuo che rappresenta il tentativo del nostro organismo di espellere l’aria in esubero dopo un respiro profondo.
Quando si ha il protrarsi nel tempo di un’eccessiva stimolazione mentale, detta rimuginazione, si affatica la milza e questo può portare alla difficoltà nel concentrarsi ed a letargia.
Sicurezza ed equilibrio interiore
Riusciamo a raggiungere il nostro equilibrio interiore quando ci sentiamo al sicuro e, quindi, percepiamo una sensazione di calma e di rilassamento.
Il nostro corpo reagisce a questo stato di benessere generale con un ritmo respiratorio e cardiaco regolari, l’espressione del viso è rilassata, l’intestino funziona bene, la sudorazione è contenuta, il tono muscolare è ottimale e il sistema immunitario sarà efficace.
Questo equilibrio, però, risulta spesso transitorio perché siamo sottoposte tutti i giorni a infinite sollecitazioni esterne che ne compromettono la stabilità.
Provate a pensarci. Ci si alza la mattina di buon umore e con le migliori intenzioni e ci si sente in forma. Durante l’arco della giornata possiamo ricevere una brutta notizia, o non riuscire bene nel nostro lavoro, oppure avere a che fare con una persona maleducata, perdere l’autobus e un’infinità di altre varianti che possono influire negativamente sul nostro umore e sulle emozioni che proviamo. Al contrario, se ci alziamo col piede sbagliato possiamo finire la giornata al meglio perché ci accadono cose positive che non ci saremmo aspettate. Il nostro corpo attraversa varie fasi ed anche ad una velocità sostenuta.
In base a tutti questi cambiamenti cambia anche il ritmo respiratorio, quello cardiaco, le espressioni facciali, la pressione cardiaca e quant’altro.
Lo stimolo esterno che provoca un maggiore squilibrio è il pericolo. Percepire la minaccia dei nostri cari in pericolo o di esserlo noi stesse provoca uno stato di stress elevato al nostro fisico.
Il corpo risponde al pericolo con la paura
Quando percepiamo un pericolo l’emozione immediata che si prova è la paura. Questa provoca un’alterazione interna al nostro corpo tanto grande quanto intensa è l’emozione provata. Se la paura è elevata può sfociare nel panico, nel terrore.
Proviamo a pensare di essere in casa in un momento di relax e di sentire all’improvviso un forte rumore. Subito tratterremo il fiato, percepiremo i muscoli irrigidirsi e restiamo immobili. Il nostro corpo reagisce acuendo la vista e l’udito verso quella che crediamo sia la fonte del pericolo. Questo ci servirà nel caso in cui dovessimo difenderci fuggendo da quella minaccia o attaccandola.
Il fatto di rimanere immobili è un comportamento che deriva dal passato. Nelle epoche antiche i nostri antenati, per salvarsi la vita, rimanevano immobili, fingendosi morti davanti ai loro predatori, cosicché questi non riuscissero a vederli. Potevano, successivamente, fuggire e il proseguo della specie era garantito.
Se la minaccia non viene percepita in maniera eccessiva allora il nostro corpo reagirà con lo “stato di allerta” cioè in maniera più soft. Siamo in agitazione e i nostri muscoli sono in tensione, ma comunque reagiamo. Ci alziamo e andiamo verso la fonte del rumore molesto per accertarci di cosa possa averlo provocato.
Quando il pericolo diviene reale, cioè quando scopriamo quale tipo di minaccia dobbiamo fronteggiare (ad esempio scopriamo di avere un ladro in casa) si attiva la paura vera e propria e scegliamo se aggredirlo o fuggire per chiedere aiuto.
Se invece il ladro ci vede e ci aggredisce senza che noi abbiamo la possibilità di difenderci, allora la paura si trasforma in panico e terrore, si arriva, infine, al collasso. Il collasso è l’ultima soluzione che il sistema nervoso attiva per gestire il pericolo.
Se, invece, ci avviciniamo alla fonte del rumore e scopriamo che non vi è un reale pericolo perché si è trattato solo di una finestra che è stata sbattuta dal vento, allora tutto si normalizza.
Torna l’equilibio
È il momento in cui torniamo a sedere tirando un sospiro di sollievo. Il cuore continua a battere forte ed il respiro è ancora affannoso perché il corpo ci impiega qualche minuto a ripristinare le condizioni di partenza. Ci calmiamo lentamente sentendoci di nuovo sicure e questo stato di distensione ci permette di ritornare a fare ciò che avevamo interrotto.
E se un pericolo persiste nel tempo?
Ci sono casi in cui la minaccia è percepita da noi come qualcosa di continuo, che non accenna a diminuire la sua intensità. È il caso in cui abbiamo delle difficoltà economiche, abbiamo paura di essere licenziate al lavoro, viviamo nella paura di essere contagiati da un virus e situazioni simili. Come reagisce il nostro corpo?
In questi casi l’organismo non riesce a concludere con delle soluzioni immediate il processo della paura. L’energia rimane attiva e si trasforma in ansia.
A volte, invece, si attivano meccanismi che reprimono quell’emozione e la relativa energia che si sprigiona, per cui la paura si trasforma in angoscia o tristezza. La risposta del corpo a queste emozioni può variare dalla semplice sudorazione e tachicardia alla nausea, vomito o vertigini.
Altra cosa importante da tenere in considerazione è che, ai fini della sopravvivenza, una volta che abbiamo affrontato un pericolo, anche se lo abbiamo superato brillantemente, la memoria lo tiene ben custodito e questo ha degli effetti sul nostro cervello. È come se il cervello si preparasse a dover affrontare di nuovo la stessa minaccia nel futuro tenendosi sempre all’erta.
Non bisogna sempre fuggire
Spesso, dopo esserci trovate di fronte ad un pericolo, tendiamo ad evitare persone, situazioni e contesti che ci hanno provocato un disagio. Lo facciamo per non soffrire più allo stesso modo, per autodifesa.
Tuttavia, questo non è sempre il miglior modo per affrontare le cose.
Le situazioni che evitiamo perché nocive al nostro benessere, ci impediscono di crescere, di capire quali limiti siamo pronti a superare, quali abilità possiamo sviluppare grazie alle nostre infinite risorse!
La fuga ci preserva ma non ci fa evolvere. Può rappresentare un ostacolo per la nostra realizzazione personale.
L’importanza delle relazioni sociali
L’interazione con le persone che ci circondano è di vitale importanza. Non siamo fatti per rimanere isolati. Le relazioni, di qualsiasi genere, fanno parte di noi. Ci aiutano a riconquistare il nostro benessere.
Quando fronteggiamo un pericolo e abbiamo accanto una persona dall’espressione rassicurante, lo sguardo dolce, che empatizza con noi ed il nostro stato di allerta, questo muta totalmente il nostro modo di percepire questa minaccia e ci rassicura. Fisicamente il nostro corpo reagisce rallentando il ritmo cardiaco. Le persone a noi care hanno un effetto calmante molto elevato. Ci si sente compresi e meritevoli di aiuto.
La richiesta di aiuto, la solidarietà e il sostegno rappresentano i rimedi più evoluti in risposta alla paura che il nostro sistema nervoso è in grado di creare.
Il fatto di essere aiutati da qualcuno ci fa trovare più in fretta le soluzioni ai nostri problemi. Anche nel caso in cui non riuscissimo a trovarle già solo il fatto di avere qualcuno che ci dia sostegno e che condivida il peso delle nostre ansie con noi, è d’aiuto per sentirci al sicuro. La sicurezza risulta, quindi, legata strettamente alla presenza di relazioni sociali meritevoli di fiducia!
La rabbia nelle relazioni
Abbiamo detto che la rabbia non determina sempre comportamenti violenti. Diventa “pericolosa” solo quando viene repressa o inascoltata.
Questo può avvenire per vari motivi. Il bisogno di esprimere questa emozione non scompare, ma diventa inconsapevole e appena le condizioni esterne lo permetteranno esploderà in frustrazione ed ostilità verso se stessi o verso gli altri. Reprimerla rappresenta, per prima cosa, una violenza contro se stessi ed un proprio bisogno.
Nel tempo la rabbia repressa si trasforma in malignità, tormenti, irritabilità, ostilità fino a raggiungere il culmine che è rappresentato dall’autolesionismo.
La rabbia in una relazione di coppia viene spesso inibita perché non riusciamo a sfogare la nostra frustrazione su qualcuno che amiamo e di cui abbiamo bisogno. In questo modo la relazione, però, perde vitalità e smette di crescere. Questo avviene perché il fatto di distruggere (e quindi di destrutturare) è fondamentale per il rinnovamento continuo della coppia.
Le varie emozioni possono rappresentare un blocco per noi, per la nostra crescita. Qualcosa che ci spinge o ci trattiene dal fare qualcos’altro. Ecco perché occorre essere sempre sintonizzati con il proprio corpo, imparare a leggere quello che ci dice per capirne i bisogni più nascosti. Tutto questo provoca una sostanziale perdita di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
Non reprimiamo le emozioni!
La vita ci mette costantemente alla prova e siamo consci di essere influenzati dal mondo esterno e da periodi di particolare stress e negatività. Per imparare a gestire le nostre emozioni è di vitale importanza non reprimerle, per quanto possa sembrare che ci facciano male, bisogna attraversarle.
È essenziale imparare ad affrontare qualunque sfida per raggiungere il nostro benessere. È scientificamente provato che un approccio positivo alle cose aiuta al rilascio degli ormoni responsabili delle difese immunitarie.